Panorama degli strumenti giuridici per la gestione della crisi
La riforma del diritto Fallimentare, è bene dirlo subito, è assolutamente mirante alla gestione della crisi aziendale. Quindi non è più orientata ad espellere dal mercato l’imprenditore che, a motivo dell’insufficiente liquidità e capacità di credito, non sia più in grado di onorare le obbligazioni scadute o quelle di prossima scadenza. La nuova legge fallimentare, infatti, si inserisce in
contesti sociologici caratterizzati da difficoltà ritenendo prevalente l’intento della conservazione del valore residuo dell’impresa, nell’interesse dell’imprenditore medesimo, ma anche dei creditori, dei lavoratori e del sistema economico in generale. Viene inoltre privilegiato il ruolo e la capacità dell’imprenditore di promuovere e raggiungere accordi stragiudiziali privatistici per risolvere le crisi d’impresa, organizzandone una sua ricomposizione.
Viene chiesto all’imprenditore di agire, di capire le ragioni della crisi e di prevedere delle soluzioni, di riorganizzare la propria impresa in maniera maggiormente aderente al mercato. In questa nuova prospettiva, l’imprenditore deve fare quello che meglio sa fare: l’imprenditore.
Viste le finalità sopra espresse è necessario un cambiamento culturale da parte dell’imprenditore, una diversa prospettiva con cui usare gli strumenti che la legge mette a disposizione della sua impresa, ancorché essi siano inseriti all’interno della legge fallimentare. Anzi, come vedremo successivamente, all’imprenditore è chiesto di avere una chiara visione della propria azienda, agendo quando ancora lo stato di crisi è in nuce, pertanto ancora facilmente reversibile.
Questo straordinario cambiamento di prospettiva viene attuato, principalmente, attraverso tre strumenti messi a disposizione dalla normativa. Ognuno di essi è valido in determinato momento della crisi aziendale, per facilità di lettura li ordiniamo in ordine dalla minore alla maggiore gravità di crisi:
Il piano attestato: secondo quanto ricavabile dal comma 3, Art. 67 l.f.
Gli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182 bis l.f.
Il nuovo concordato preventivo, completamente rivisto nei suoi presupposti, di cui all’art. 160 l.f.
Andrò a riassumere brevemente questi istituti, con il solo scopo di fare comprendere la portata innovativa e la semplice fattibilità e rinviando a successivi scritti la descrizione complessiva dei singoli articoli sopramenzionati.
Il piano attestato dal professionista nell’art. 67, lett. D, l.f.
Testo: Art.67 Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie
……..
Non sono soggetti all’azione
revocatoria:
…..
d) gli atti,
i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che abbia i
requisiti previsti dall’articolo 28, lettere a) e b) ai sensi dell’articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;
Tale norma, sancisce la richiesta del legislatore verso l’imprenditore di attivarsi, al fine di produrre un progetto di risanamento
dell’insolvenza, all’interno di un più ampio progetto di ripresa dell’equilibrio aziendale e non soltanto finanziario.
Il piano è formulato dall’imprenditore unilateralmente e non necessita, almeno in un primo momento, di una condivisione negoziale o addirittura processuale. Per tale piano non è prevista neppure una qualche forma di pubblicità. Tutti gli atti che vengono realizzati sulla base di questo piano sono atti tra soggetti giuridici privati aventi la finalità del risanamento aziendale ed hanno il beneficio di non essere soggetti all’azione revocatoria. Questo non implica naturalmente che i creditori non possano agire
giudizialmente per richiedere le somme da loro vantate, ma sono coscienti che, tali somme, nel caso di procedura concorsuale dell’impresa, possono essere soggette ad azione revocatoria.
Nella norma viene previsto che il piano dovrà essere attestato, sulla sua ragionevolezza e sulla idoneità a risanare l’impresa, da un professionista terzo la cui serietà ed attendibilità, sulla base della scienza ed esperienza, dovranno essere da garanzia nei confronti di tutti i terzi coinvolti.
L’accordo diristrutturazione dei debiti nell’art 182 bis l.f.
Testo: Art. 182-bis. Accordi diristrutturazione dei debiti.
L’imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all’articolo 161, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d) sull’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei.
L’accordo e’ pubblicato nel registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione.
Dalla data della pubblicazione e per sessanta giorni i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore. Si applica l’articolo 168, secondo comma. Entro trenta giorni dalla pubblicazione i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizione. Il tribunale, decise le opposizioni, procede all’omologazione in camera di consiglio con decreto motivato. Il decreto del tribunale e’ reclamabile alla corte di appello ai sensi
dell’articolo 183, in quanto applicabile, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese. Il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive di cui al terzo comma può essere richiesto dall’imprenditore anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell’accordo di cui al presente articolo, depositando presso il tribunale competente ai sensi dell’articolo 9 la documentazione di cui all’articolo 161, primo e secondo comma, e una proposta di accordo corredata da una dichiarazione dell’imprenditore, avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e da una dichiarazione del professionista avente i requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), circa la idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare.
L’istanza di sospensione di cui al presente comma e’ pubblicata nel registro delle imprese e produce l’effetto del divieto di inizio o prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari, nonché del divieto di acquisire titoli di prelazione, se non concordati, dalla pubblicazione. Il tribunale, verificata la completezza della documentazione depositata, fissa con decreto l’udienza entro il termine di trenta giorni dal deposito dell’istanza di cui al sesto comma, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. Nel corso dell’udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui al primo comma e delle condizioni per il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono
in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare, dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prelazione se non concordati assegnando il termine di non oltre sessanta giorni per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista a
norma del primo comma. Il decreto del precedente periodo e’ reclamabile a norma del quinto comma in quanto applicabile. A seguito del deposito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nei termini assegnati dal tribunale trovano applicazione le disposizioni di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma. (inserito con decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito con legge 30 luglio 2010, n. 122).
La norma prevede un accordo da realizzarsi con un insieme di creditori, sulla base di un più vasto piano di riorganizzazione aziendale, che contempli anche la prevenzione o la rimozione dello stato di insolvenza.
Grande spazio è lasciato, anche in questo istituto, alla trattativa privatistica, infatti prevedendo genericamente un “accordo” con
almeno il 60% dei creditori, viene lasciata la massima libertà in ordine alla definizione dei rapporti al fine di ottenere tale percentuale di consensi. Infatti, è obbligatoria l’applicazione della par condicio creditorum soltanto all’interno delle procedure concorsuali.
Naturalmente tutti i creditori, con cui non si è richiesto o trovato un accordo, che eccedano la percentuale del 60%, dovranno essere pagati integralmente, secondo le scadenze concordate. Pertanto risulta auspicabile trovare l’accordo con il maggior numero possibile dei creditori, al fine di coinvolgerli nel processo di risanamento aziendale.
La norma non richiede particolari modalità di esplicitazione dell’accordo, se non l’uso della forma scritta, in quanto esso dovrà essere depositato in tribunale e quindi pubblicato nel registro delle imprese.
Nel delicato momento delle crisi aziendale, al fine di permettere all’imprenditore di avere il tempo di trovare l’accordo con almeno
il 60% dei creditori, non è consentito a questi ultimi di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive, anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell’accordo di ristrutturazione.
Anche in tale istituto risulta particolarmente rilevante la figura dell’esperto, la cui relazione dovrà esplicitare l’attuabilità dell’intero
piano di riorganizzazione aziendale.
Dal punto di vista fiscale, le rinunce di somme dai parte dei creditori, origina sopravvenienze attive assoggettabili ad imposizione sui redditi.
Il contenuto del pianodi ristrutturazione art. 160 l.f.
Testo: Art. 160 Presupposti per l’ammissione alla procedura.
L’imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere:
a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito;
b) l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; possono costituirsi come assuntori anche i creditori o società da questi partecipate o da costituire nel corso della procedura, le azioni delle quali siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato;
c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei;
d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.
La proposta può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile,in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lettera d). Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione.
Ai fini di cui al primo comma per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza.
Nel nuovo concordato preventivo non compaiano più le condizioni di accesso soggettive (meritevolezza, convenienza etc) e scompaiono anche i vincoli di carattere economico sulla soddisfazione dei creditori (precedentemente fissati al 40%).
L’imprenditore può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere:
- la ristrutturazione dei debiti ed il soddisfacimento dei crediti in qualsiasi forma;
- l’attribuzione delle attività ad un assuntore.
L’obiettivo della norma non è solo quello del soddisfacimento dei creditori ma anche, ove possibile, del risanamento dell’impresa. Viene, pertanto del tutto superata la logica del concordato liquidatorio che rappresenta, ora, una delle possibili soluzione della crisi aziendale, la meno auspicata, rispetto ad un concordato con finalità di risanamento. A tale scopo serve il piano di risanamento che evidenzi gli obiettivi industriali, economici e finanziari che l’impresa vuole darsi.
Il piano di risanamento, predisposto dall’imprenditore, dovrà essere attestato da un professionista che, anche in tale istituto giuridico, va a rivestire non soltanto un ruolo di esperto ma anche e soprattutto di garante verso tutti i soggetti coinvolti dal concordato.