Omesso versamento di IVA nella procedura di concordato

IVANon sussiste il reato di omesso versamento IVA se l’ammissione alla procedura di concordato preventivo precede la scadenza dell’adempimento.

Questa la sentenza della Corte di cassazione, sezione terza penale, n.15853 depositata il 16 aprile 2015. La Suprema corte ha affermato il principio per cui la natura pubblicistica dell’istituto del concordato non fa scattare il presupposto per il reato di omesso versamento dell’IVA.

Ricordiamo in tal senso che la proposta di concordato preventivo, con o senza transazione fiscale, può prevedere, quanto al debito per Iva, solo la possibilità di dilazionarne il pagamento, essendone in ogni caso intangibile: il che vale a dire che la dilazione può essere stabilita nell’ambito del concordato preventivo anche qualora l’istituto, evidentemente facoltativo, della transazione fiscale (art. 182 ter) non sia stato utilizzato.

Quindi, secondo la Corte, essendo il reato ex articolo 10 ter d.lgs, 74/2000 un reato omissivo istantaneo, ossia perpetrato nello stesso momento in cui non viene rispettata la scadenza di versamento dell’IVA. Laddove tale scadenza ricorra dopo l’avviamento di una procedura di concordato, ancorchè non ancora omologato, non si può ritenere che sussista la violazione di omesso versamento di IVA nel caso in cui il precitato debito rientri nel piano concordatario, che ne preveda il pagamento del 100% ancorchè dilazionato.

Nel caso di una procedura concordataria, infatti, precisa la Corte, sul perseguimento di un accordo transattivo debitore-creditori, si viene a innestare una struttura chiaramente pubblicistica. Infatti l’istituto del concordato preventivo, pur se attivato su istanza dell’imprenditore/debitore, per la tutela degli interessi propri, dell’impresa e dei creditori, rappresenta, secondo l’impostazione data alla Legge Fallimentare, una alternativa auspicabile rispetto alla prospettiva del fallimento e dunque uno di quegli strumenti di tutela non solo dei creditori, ma altresì degli interessi economici collettivi, che il legislatore ha predisposto per le crisi d’impresa. Accedendo alla procedura il debitore passa da una gestione autonoma e quindi “privata” dei suoi debiti a una gestione che, pur dando spazio agli interessi privati, è qualificabile come pubblicistica. Di conseguenza anche la dilazione del pagamento del debito Iva, nell’ambito del piano concordatario, non è configurabile come una manifestazione di autonomia negoziale e come tale perseguibile. Infatti, non è immaginabile che da un lato il tribunale fallimentare possa ammettere al concordato preventivo l’imprenditore che nel suo piano progetta di commettere un reato e poi successivamente omologhi la deliberazione con cui i creditori abbiano approvato tale reato, e dall’altro lato al tribunale penale sia consentito di sanzionare il soggetto che ha eseguito un accordo omologato condannandolo per il reato di omesso versamento di IVA.