La gestione della continuità aziendale nell’impresa in concordato

continuitàLa gestione della continuità aziendale nell’impresa in concordato

Per garantire continuità del suo business la società che presenta un concordato o un accordo di ristrutturazione deve dare dei segnali vitali al mercato, pertanto deve continuare la sua attività incassando crediti, contraendo debiti (spesso necessari, sotto forma di finanza interinale) ma anche effettuando dei pagamenti ai fornitori (anche i cui crediti sono sorti precedentemente) che in questo modo possono continuare, in modo fattivo, a dare fiducia alla società che sta’ attraversando un così delicato momento.

La norma, infatti, disciplina, all’art. 182 quinquies, il comportamento del debitore che ha presentato una domanda di ammissione al concordato preventivo (art. 161) o di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182 bis) il quale può chiedere al tribunale di essere autorizzato:

  • a contrarre finanziamenti, prededucibili ai sensi dell’art. 111, o a concedere pegno o ipoteca a garanzia dei medesimi finanziamenti;
  • pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi che, in questo caso, avranno la tutela dell’azione revocatoria prevista dall’art. 67.

Tali attività sono richiedibili solo nel caso in cui un professionista, in possesso dei requisiti richiesti dall’art. 67 lettera d) e designato dallo stesso debitore, verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione, attesta che tali finanziamenti o il pagamento di tali crediti sono funzionali (o essenziali) alla migliore soddisfazione dei creditori.

Nel solo caso di pagamenti di crediti effettuati fino a concorrenza dell’ammontare di nuove risorse finanziarie che vengano apportate al debitore, senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione dei creditori, non sarà necessaria l’attestazione del professionista. 

Relativamente alla gestione ed alla possibile continuazione dell’impresa, vanno evidenziate tre rilevanti possibilità in capo alla società

  1. La prima è che nel periodo compreso tra la pubblicazione della domanda, il deposito della proposta concordataria e della relazione del professionista incaricato, e la pubblicazione del successivo decreto di eventuale ammissione alla procedura, la gestione dell’azienda è sottoposta al controllo del Tribunale dovendo osservare gli “obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa”, che il Tribunale avrà disposto con l’assegnazione del termine per il deposito della proposta (art. 161, comma 8° L.F.). In questa fase, potranno essere regolarmente compiuti gli atti di ordinaria amministrazione dell’impresa mentre quelli “urgenti di straordinaria amministrazione” dovranno essere previamente autorizzati dal Tribunale che, allo scopo, potrà assumere “sommarie informazioni” (art. 171, comma 7°, L.F.)
  2. La seconda è l’introduzione di un meccanismo di scioglimento dei contratti, per intento dell’impresa concordataria. Si tratta del nuovo art. 169bis L.F., il quale dispone che l’impresa, previa autorizzazione del Giudice Delegato, possa determinare lo scioglimento dai contratti in corso di esecuzione alla data di presentazione del ricorso, ovvero la loro sospensione per un termine massimo di due mesi. In tal caso, il 2° comma fa salvo un indennizzo in favore del contraente equivalente al “risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento” precisando tuttavia come il medesimo sia da liquidarsi in moneta “concordataria” o, in caso di esito negativo della procedura, in moneta fallimentare. Tale meccanismo, come precisato dal 4° comma non trova applicazione (al contrario di quanto previsto nel Chapter 11 del Bankruptcy Code statunitense) in caso di rapporti di lavoro subordinato, nonché ai contratti preliminari trascritti aventi ad oggetto la vendita di un immobile ad uso abitativo ovvero destinato a costituire la sede principale della Società. La norma determina il “superamento del contratto” ed è volta ad etero-integrarlo al fine di consentire la miglior gestione dell’impresa impegnata nella fase concordataria o di ristrutturazione, evitando di gravarla di oneri continuativi rispetto ad un contratto che si riveli inadeguato ovvero non più utile, in relazione alla nuova situazione aziendale.
  3. La terza (art. 182 quater, 1° e 3° comma L.F.) è volta a facilitare la reperibilità di nuova finanza destinata all’esecuzione di un concordato preventivo, ovvero di un accordo di ristrutturazione, riferendo esplicitamente la prededucibilità di finanziamenti delle:
    1.  terze parti purché siano espressamente menzionati nella proposta concordataria ovvero nell’accordo di ristrutturazione, ovvero laddove non lo siano, in presenza di autorizzazione del Tribunale e sul presupposto che consentano una “miglior soddisfazione dei creditori” (art. 182 quinques),
    2. dei soci, che siano divenuti tali in esecuzione all’accordo di concordato o di ristrutturazione. Allo stesso modo la prededucibilità viene riconosciuta anche ai vecchi soci, ma limitatamente all’80% del finanziamento.

Tali norme, in linea con la natura prettamente negoziale della procedura concordataria, incentivano altresì la partecipazione del ceto creditorio all’adunanza dei creditori richiedendo l’esercizio del voto, anche attraverso telegramma, lettera, telefax o posta elettronica, entro venti giorni successivi alla chiusura del verbale. In mancanza, infatti, il nuovo comma 4° dell’art. 178 L.F. dispone l’operatività del silenzio assenso, ritenendoli “consenzienti e come tali sono considerati ai fini del computo della maggioranza dei crediti”.

Questa previsione si accompagna ad una maggior immediata chiarezza dei contenuti della proposta di concordato, che deve essere accompagnato da un “piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta” (art. 161, comma 2°, let. e L.F.), dalla nuova ed automatica presentazione di una nuova relazione del professionista incaricato in caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano (art. 161, comma 3° L.F.) e dall’obbligo riferito al commissario giudiziale di comunicare ai creditori le eventuali modifiche delle “condizioni di fattibilità” del piano che siano intervenute successivamente alla sua approvazione. In tal caso è lasciata ai creditori aderenti la facoltà di costituirsi nel giudizio di omologazione del concordato per modificare il proprio voto (art. 179, comma 2° L.F.). Tale disposizione attribuisce all’adunanza dei creditori un vero e proprio “momento di sindacato” del progetto concordatario, penalizzando, in favore del successo dell’iniziativa, l’eventuale disinteresse del ceto creditorio.

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