Atti di ordinaria e straordinaria amministrazione nel cd. “concordato in bianco”

amministrazione ordinaria e straordinaria

Gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione nel concordato preventivo

Successivamente al deposito del ricorso relativo al concordato in bianco e fino alla dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo ex art. 163, il debitore può compiere gli atti di ordinaria amministrazione, mentre per il compimento degli atti urgenti di straordinaria amministrazione è necessaria l’autorizzazione del tribunale, il quale per prendere la propria decisione può assumere sommarie informazioni (art. 161 co. 7 L.F).

Pertanto il tribunale, nell’autorizzare gli atti di straordinaria amministrazione dovrà in primis verificare se tali atti sono stati previsti nel Piano presentato e quindi se essi appaiono chiaramente opportuni ai fini di consentire l’esatta e puntuale esecuzione del piano medesimo, a chiaro vantaggio del ceto creditorio.

Ci interessa definire nelle prossime righe la distinzione tra atti di ordinaria amministrazione e atti di straordinaria amministrazione ed indicare le diverse “gradazioni” che può avere il “concordato in bianco”.

La giurisprudenza ha avuto già diverse occasioni per pronunciarsi sulla distinzione, ai fini della norma che interessa, fra atti di straordinaria e di ordinaria amministrazione.

Per atti di ordinaria amministrazione devono intendersi gli atti di comune gestione dell’azienda, strettamente aderenti alle finalità e dimensioni del patrimonio e quelli che – ancorché comportanti una spesa elevata – lo migliorino o anche solo lo conservino, mentre ricadono nell’area della straordinaria amministrazione gli atti suscettibili di ridurlo o gravarlo di pesi o vincoli cui non corrispondano acquisizioni di utilità reali su di essi prevalenti. Ad esempio (malgrado non tutti i tribunali risultino concordi nell’interpretazione), le operazioni di anticipo o sconto di fatture effettuate presso istituti bancari o di factoring, con sottostante cessione dei crediti anticipati, che siano in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso per concordato, sono da riferirsi ad atti di ordinaria amministrazione e ciò non solo per l’uso pregresso che ne abbia eventualmente fatto l’impresa, ma anche perché si tratta del tipo di operazioni più diffuso nella prassi commerciale e che consentono lo smobilizzo dei crediti d’impresa in funzione cd. “autoliquidante”.

La dottrina, dal canto suo, in una logica restrittiva, ha evidenziato come la previsione del comma 7 richieda – quale presupposto per l’autorizzazione dell’atto di straordinaria amministrazione – che questo sia caratterizzato, oltre che, ovviamente, per l’utilità o quanto meno per la non dannosità, anche dall’urgenza, sicché non tutti gli atti aventi carattere “straordinario” sono autorizzabili durante il periodo di cosiddetto pre-concordato (ossia dopo il deposito della documentazione ma prima della sua omologa), ma solo quelli urgenti, per i quali appunto si spiega la non necessità di premunirsi di speciali relazioni attestative dell’esperto, come invece esige l’art. 182- quinquies per le autorizzazioni ai finanziamenti e ai pagamenti di crediti anteriori per prestazioni essenziali. Quelli non urgenti potranno essere compiuti solo dopo l’ammissione al concordato e sempre che siano poi autorizzati dal Giudice Delegato a norma dell’art. 167 l. fall.

Il deficit informativo, che potrebbe creare problemi ai creditori dell’impresa che abbia depositato il ricorso e che può legalmente compiere atti di ordinaria e (se autorizzati) straordinaria amministrazione, viene in parte ridimensionato dalla previsione della prededucibilità dei crediti sorti successivamente alla presentazione del ricorso. Il nuovo art. 161 prevede, infatti, che con il decreto con cui si stabilisce il termine per la presentazione della documentazione, il tribunale dispone gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa, che il debitore deve assolvere sino alla scadenza del termine fissato. In caso di violazione di tali obblighi, il Tribunale, sentito il debitore in camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta di concordato e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore.

Proprio riguardo agli obblighi informativi, si è più in generale rilevato come la previsione di cui all’art. 161, comma 6, in realtà contempli una forma minimale di presentazione di domanda con riserva, ma non vieti di integrare la stessa con ulteriori informazioni che possono indicare la strada che la società intende compiere nelle more della presentazione della documentazione completa (sommaria indicazione del Piano e della relativa proposta)  e che serviranno al giudice per valutare, ed eventualmente autorizzare se necessario, il compimento di atti di straordinaria amministrazione, a contrarre finanziamenti, allo scioglimento dei rapporti pendenti, alla concessione del termine per il deposito del piano e della proposta. Tutto questo, naturalmente, appare poco compatibile con la c.d. domanda in bianco. Pertanto, aldilà degli obblighi informativi minimali, imposti di volta in volta dal giudice, è bene individuare gli ulteriori elementi che debbono corredare la domanda e che consentono alla società di utilizzare tutte le potenzialità che in questo status la legge oggi riconosce.

A tale riguardo si è rilevato come il regime della prededuzione sembra presupporre una doppia verifica: dovrà trattarsi di un credito sorto in base ad “atti legalmente compiuti”, il che porta a concludere che il regime di protezione della prededuzione assiste il credito che deriva dall’atto di ordinaria amministrazione quando si dimostra la coerenza dell’atto di gestione al piano o alla proposta (nel senso che, invece, un atto dissonante non è legalmente compiuto perché viola il principio di segregazione patrimoniale), oppure il compimento di un atto che avrebbe dovuto essere autorizzato dal giudice, oppure che l’atto non sia stato posto in essere proprio al solo ed esclusivo scopo di creare un regime di preferenza; dovrà trattarsi di un credito che essendo sorto fra la domanda e l’ammissione e dunque al di fuori di una procedura concorsuale (che si apre solo col decreto di ammissione ai sensi dell’art. 163 l.fall.), meriti il trattamento prededucibile in virtù di un nesso di funzionalità con la procedura. La maggior garanzia per i terzi è costituita dal fatto che la prededuzione (e l’esenzione dalla revocatoria) competono anche quando non vi sia stata l’ammissione al concordato (M.Fabiani, Vademecum per la domanda “prenotativa” di concordato preventivo , in Il Caso.it, II, 313/2012.).

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