Chi ha paura dei manager ?

Chi ha paura dei manager ? La Famiglia eterno dilemma del capitalismo italiano

Paura dei manager

Questo il titolo dell’articolo di Marcello Zacchè pubblicato in prima pagina ne Il Giornale del 5 maggio 2015. Prendendo spunto dall’intervento di Metteo Renzi alla Borsa italiana, dove tutti gli altri giornali si sono soffermati sulla frase clou del premier ossia “L’economia di relazione è morta”, l’autore si sofferma sul passaggio riguardante la managerializzazione delle imprese.

Questo è il problema delle aziende italiane, nate da intuizioni visionarie, guidate con piglio e lungimiranza perché gli imprenditori (o meglio i padroni) hanno obiettivi di lungo periodo.

Appare evidente però che quando la famiglia si allarga ed arrivano nelle aziende le seconde, le terze le quarte generazioni gli intrecci familiari sono troppo complicati da dipanare e spesso conducono ad assumere decisioni non coerenti con il business dell’azienda ma soltanto con alleanze parentali.

Altro pericolo, nelle imprese familiari, è costituito dal metodo con cui viene realizzato il passaggio generazionale dove vi sono due estremi così rappresentati:

  1. Colui che deve passare la mano alle generazione successiva ritiene che i propri parenti, per il lsolo fatto che hanno lavorato nell’azienda di famiglia, siano pronti ad assumerne la guida. Pertanto, per non creare problemi, decide di rinunciare ad ogni incarico nell’azienda e di uscirne in modo netto. Il tutto è riassumibile con la frase: “Sono tanti anni che mi vedi lavorare nella nostra azienda, adesso sai come fare.”
  2. Colui che deve passare la mano ritiene che sia un bene che vi sia un periodo di affiancamento alle nuove generazioni, in modo da evitare troppi stravolgimenti dello status quo aziendale. Pertanto decide di rimanere in azienda con un ruolo diverso, magari da Amministratore a Presidente, però mantiene le deleghe operative e la sua presenza in azienda continua ad essere costante. La frase in questo caso è “l’azienda ora è la tua, io rimango qui così possiamo fare delle cose insieme se vuoi”.

Risulta evidente che tra questi due estremi vi è un modus operandi intermedio, dove il passaggio avviene in modo graduale, ma con delle scadenze. Le deleghe operative passano tutte, subito, alla nuova generazione, mantenendo, la vecchia generazione, la propria presenza in azienda per dare consigli per partecipare alle riunioni periodiche di coordinamento. Insomma guardando da lontano quello che fa la nuova generazione e con modo, sussurrando nell’orecchio, regalare alcuni consigli o la propria visione.

Proprio in questi momenti vi è bisogno di un affiancamento manageriale. Un manager a tempo. Un manager on demand appunto. Esperto nei cambi generazionali e nella guida delle imprese che abbia il solo scopo di rafforzare la nuova generazione sul proprio modo di operare, sulle metodologie per assumere le decisioni e controllare le aziende. Per giudicare, motivare o sanzionare il personale. Per capire di chi può, effettivamente, fidarsi. Un manager che non abbia l’obiettivo di dimostrare il suo valore agli altri. Che lasci spazio alla nuova generazione imprenditoriale di immaginare scenari diversi, ma che sia un suo contraltare intellettuale. Che non abbia paura di perdere il proprio posto dicendo un no.

Ecco come si possono cambiare le generazioni di imprenditori, senza traumi ma senza sconti.