Pronti all’industria 4.0 ?

industry-4-0jpgCon il termine “Industria 4.0” (I4.0) si vuole indicare la quarta rivoluzione industriale che ha l’obiettivo di portare a una produzione quasi integralmente basata su un utilizzo di macchine intelligenti, interconnesse e collegate ad internet.

Questo argomento è stato al centro del World Economic Forum 2016 di Davos (Svizzera), intitolato appunto “Mastering the Fourth Industrial Revolution”.

Finora le rivoluzioni industriali del mondo occidentale sono state tre:

  • nel 1784 con la nascita della macchina a vapore e di conseguenza con lo sfruttamento della potenza di acqua e vapore per meccanizzare la produzione;
  • nel 1870 con il via alla produzione di massa attraverso l’uso sempre più diffuso dell’elettricità, l’avvento del motore a scoppio e l’aumento dell’utilizzo del petrolio come nuova fonte energetica;
  • nel 1970 con la nascita dell’informatica, dalla quale è scaturita l’era digitale destinata ad incrementare i livelli di automazione avvalendosi di sistemi elettronici e dell’IT (Information Technology).

La data d’inizio della quarta rivoluzione industriale non è ancora stabilita,  perché così come è accaduto con le tre precedenti rivoluzioni, è tuttora in corso e solo a posteriori sarà possibile indicarne l’anno (approssimativo) d’inizio.

A tal proposito il governo Italiano ha presentato un piano (http://www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/documenti/Industria_40%20_conferenza_21_9), che si pone l’obiettivo di promuovere lo sviluppo della quarta rivoluzione industriale: rilanciare gli investimenti industriali con particolare attenzione a quelli in ricerca e sviluppo, conoscenza e innovazione; favorire la crescita dimensionale delle imprese; favorire la nuova imprenditorialità innovativa; definire protocolli, standard e criteri di interoperabilità condivisi a livello europeo; garantire la sicurezza delle reti (cybersecurity) e la tutela della privacy; assicurare adeguate infrastrutture di rete; diffondere le competenze per Industry 4.0; canalizzare le risorse finanziarie. Il Piano del governo non ricorre ad incentivi a bando prestabiliti, ma è organizzato su incentivi fiscali “orizzontali” attivabili dalle imprese nel proprio bilancio.

Detto piano che, segue analoghe iniziative avviate negli Stati Uniti, in Germania ed in Francia, si basa sulle direttrici strategiche d’intervento, quali quelle di incentivare gli investimenti privati su tecnologie e beni I4.0, aumentare la spesa privata in Ricerca Sviluppo e Innovazione, e rafforzare la finanza a supporto di I4.0, Venture capital e start-up.

Secondo un recente rapporto della McKinsey (https://www.mckinsey.it) le nuove tecnologie digitali avranno un impatto profondo nell’ambito di quattro direttrici di sviluppo:

  1. l’utilizzo dei dati, la potenza di calcolo e la connettività, e si declina in big data, open data, Internet of Things, machine-to-machine e cloud computingper la centralizzazione delle informazioni e la loro conservazione.
  2. Gli analytics: una volta raccolti i dati, bisogna ricavarne valore. Oggi solo l’1% dei dati raccolti viene utilizzato dalle imprese, che potrebbero invece ottenere vantaggi a partire dal “machine learning”, dalle macchine cioè, che perfezionano la loro resa “imparando” dai dati via via raccolti e analizzati.
  3. L’interazione tra uomo e macchina, che coinvolge le interfacce “touch”, sempre più diffuse, e la realtà aumentata: per fare un esempio la possibilità di migliorare le proprie prestazioni sul lavoro utilizzando strumenti come i Google Glass.
  4. Tutto il settore che si occupa del passaggio dal digitale al “reale”, e che comprende la manifattura additiva, la stampa 3D, la robotica, le comunicazioni, le interazioni machine-to-machine e le nuove tecnologie per immagazzinare e utilizzare l’energia in modo mirato, razionalizzando i costi e ottimizzando le prestazioni.

Secondo il World Economic Forum, fattori tecnologici e demografici influenzeranno profondamente l’evoluzione del lavoro. Alcuni (come la tecnologia del cloud e la flessibilizzazione del lavoro) stanno influenzando le dinamiche già adesso e lo faranno ancora di più nei prossimi 2-3 anni. L’effetto sarà la creazione di 2 nuovi milioni di posti di lavoro, ma contemporaneamente ne spariranno 7, con un saldo netto negativo di oltre 5 milioni di posti di lavoro.

L’Italia ne esce con un pareggio (200mila posti creati e altrettanti persi), meglio di altri Paesi come Francia e Germania. A livello di gruppi professionali le perdite si concentreranno nelle aree amministrative e della produzione: rispettivamente 4,8 e 1,6 milioni di posti distrutti. Secondo la ricerca del WEF compenseranno parzialmente queste perdite l’area finanziaria, il management, l’informatica e l’ingegneria. Cambiano di conseguenza le competenze e le abilità ricercate: nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma diventeranno più importanti il pensiero critico e la creatività.